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Coaching News

Coaching News: Il peso della cattedra.

By Novembre 14, 20103 Comments

Denigrati dagli allievi, sottopagati dallo Stato, sovrastati dai colleghi più anziani. Per i nostri insegnanti, il percorso è spesso in salita. Ma il sostegno arriva da un personal coach: “Basta campagne mediatiche negative. Sosteniamo i professori e riconsegniamoli il loro ruolo di educatori”

Di Alessandro Dattilo.


“Più ancora dell’età, per un insegnante è importante essere giovane dentro. Deve sentirsi motivato, apprezzato, sia dai ragazzi che dalle loro famiglie. In fondo la missione di un maestro è quella di trasferire passione e creatività ai suoi studenti. Anche se oggi non è per nulla facile…”

Con Livio Sgarbi – personal coach e presidente di Ekis Peak Performance Training – il ragionamento parte da una notizia diramata dal Ministero dell’Istruzione. L’età media dei nostri professori ha superato i 50 anni. È la conseguenza di una politica di tagli agli organici, di allungamento dell’età pensionabile e di un invecchiamento fisiologico della classe insegnante.

Verrebbe da dire, con una semplificazione giornalistica, che in Italia ormai in cattedra ci va solo chi ha i capelli grigi. Non è un po’ limitante, specie per i giovani che vorrebbero affrontare la carriera di docenti?

Sì, anche se in verità nutro qualche dubbio sul fatto che ci siano molti giovani che abbiano piacere e interesse a fare gli insegnanti. Questo è il vero problema. Oggi la figura del professore ha perso molto di quel prestigio che aveva fino a qualche decennio fa. Un tempo, oltre a insegnare la materia, chi stava dietro la cattedra era un educatore, un punto di riferimento che aiutava concretamente le famiglie a far maturare il ragazzo in una fase delicata per la sua crescita. Oggi, a parte alcune eccezioni, questo ruolo si è perso.

Che qualità dovrebbe coltivare un docente?

Per me deve essere una persona che sa trasferire passione e creatività. Il bambino – nel corso degli anni e fino all’università – deve maturare la volontà e il desiderio di evolvere, di approfondire. Grazie alle cose che si imparano, tra i banchi deve nascere quella voglia di saper creare qualcosa per sé e per gli altri. L’insegnante deve cogliere la passione che c’è tra i suoi allievi, motivarla, farla crescere con un respiro che guardi al futuro. Per questo, più che l’età anagrafica, per un maestro conta sentirsi giovane dentro.

Dunque è anche un problema di vitalità, di voglia di fare.

È proprio questo. Il professore deve sentirsi nel ruolo, e chi gli sta intorno lo deve sostenere. Già in termini economici le soddisfazioni sono piuttosto magre. Almeno dovrebbe sentirsi gratificato per quello che fa con i nostri ragazzi. Mi immedesimo in un giovane che ha questa vocazione di voler insegnare, di trasferire con passione delle cose. Visto che nell’insegnamento ‘tradizionale’ non trova questo tipo di soddisfazione, posso suggerire che ci sono tanti altri modi per riuscire a realizzare questo obiettivo.

Spostare le sue competenze nel settore della formazione?

Per esperienza personale, posso dire che questa è una buona scelta. Il mio stesso lavoro di trainer e di coach è in fondo simile: ha un ruolo educativo, formativo. Trasmettiamo delle informazioni, diamo nozioni, ma soprattutto cerchiamo di aiutare le persone a utilizzare meglio le proprie risorse. Oggi sono tanti i ruoli professionali che sono nati – e che domani potrebbero nascere – grazie ancora una volta alla creatività e al desiderio, alla passione di qualcuno che ha voglia di modellare un mestiere che magari non esiste ancora.

Ma le istituzioni non potrebbero dare un sostegno soprattutto alle nuove leve di insegnanti?

Non spetta a me valutare le soluzioni tecniche migliori. Posso dire che, in ogni caso, chi ricopre ruoli istituzionali e politici ha il dovere di tutelare una figura così importante per la società. Si parla tanto di riforme scolastiche: ma oltre a favorire chi sta dietro i banchi, le riforme dovrebbero cercare di venire incontro alle esigenze di chi sta dalla parte della cattedra e deve svolgere il mestiere di educatore.

Un ruolo non secondario lo svolgono le famiglie degli allievi, che spesso sostengono la posizione del proprio figlio, anche quando l’insegnante avrebbe ragione.

È vero. Secondo me c’entra proprio il discorso del ruolo espropriato di cui parlavo prima. Se si vuole davvero richiamare i giovani a fare questo mestiere, occorre cominciare a correggere la percezione che molti hanno acquisito della figura dell’insegnante. La mia idea? Perché non lanciare una campagna mediatica per riqualificare l’immagine del maestro, del professore, di chi passa tutto quel tempo insieme ai nostri figli? Troppe volte si legge sui giornali di insegnanti deferiti, minacciati e accusati dai genitori. Mai una notizia che gratifichi gli insegnanti, che parli delle grandi responsabilità che si assumono…

È evidente che così i giovani si sentano scoraggiati.

Appunto. Penso ai dialoghi interiori o a quelli con le famiglie: “Perché dovrei essere motivato a fare l’insegnante? Solo per uno stipendio? Ci sono mille altri lavori…”. Per questo dico che è l’ora di lavorare tutti insieme per riabilitare un’immagine dignitosa e forte dell’insegnante a livello mediatico. È importante, in sostanza, che un professore si senta la persona giusta nel posto giusto. E questo indipendentemente dall’età che ha.

Livio

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Join the discussion 3 Comments

  • giovanna isabella ha detto:

    Ciao Livio
    Ciao Ale

    in tutti questi anni di consigli di classe frequentati per accompagnare e seguire Francesco nella sua crescita personale e scolastica, ho notato come il problema fondamentale di alcuni insegnanti o docenti fosse il modo di porsi che avevano nei confronti dei ragazzi … Lo dimostra il fatto di come la stessa classe avesse risultati diametralmente opposti , in base al professore . E ascoltando man mano i feedback dei ragazzi , mi sono sempre resa conto che quello che li motivava non era tanto la materia in se , ma il modo in cui il professore si rapportava con loro . Questo ci deve far riflettere nel modo più obbiettivo possibile !!!

    Quello che mi chiedo , quindi , è proprio questo : qual’è l’obiettivo finale di un professore che ottiene ottimi risultati dagli studenti e qual’è , invece, l’obiettivo finale di un professore che dagli stessi studenti ottiene invece un risultato pessimo ?

    Penso che l’ambiente lavorativo influisca solo in modo marginale sul risultato lavorativo di ogni singolo insegnante … o comunque , non sia così fondamentale da influenzare il risultato finale del suo lavoro con i ragazzi , qualunque sia il suo ruolo.

    Forse c’è da chiedersi quanti professori scelgono questo lavoro per vocazione …

    A volte mi viene da pensare anche , soprattutto osservando il modo di porsi di molti insegnanti , che la cosa più urgente da fare sia proprio quella di formare i formatori …

    Se così fosse , Livio , per te e persone come te ci sarebbe proprio da rimboccarsi le maniche e , francamente , è una cosa che io auguro tanto a te , quanto ad ognuno di noi !

    La nostra generazione ha ancora nelle sue mani il governo di questo mondo … sta a noi far si che i nostri figli possano ricevere in eredità il posto migliore che possiamo augurare loro , visto che loro non hanno potuto fare altro che ricevere quello che noi gli abbiamo dato fino ad ora …

    Tutto questo mi fa sentire moooolto responsabile ,sia come madre , sia come cittadina del mondo !

    Ho la certezza che molto si possa fare .. e molte siano le persone che condividono questo desiderio …

    Quindi , buon lavoro a tutti gli uomini di buona volontà !!! 🙂

    Abbiamo dalla nostra un Alleato Onnipotente !!! Questo è più che sufficiente per non perdersi d’animo e avere la certezza che volere è potere … e i risultati saranno ottimi ! 😉

  • nicoletta ha detto:

    uno dei punti cardine mi sembra questo: nessuno insegna agli insegnanti ad insegnare. A volte un insegnante ci riesce da solo, capisce come si fa, molte altre volte no. Per insegnare, educare, formare, non ci si puo’ piu’ affidare alla fortuna, al caso. Capire i propri studenti é molto piu’ facile conoscendo gli strumenti adatti…. giusto, Livio? a quando i primi corsi di coaching per insegnanti??? Se penso a quanto c’é da fare….. mi gira la testa! Finisco il MIC e arrivo! Dai che ce la facciamo, dai che un modo lo troviamo! 🙂

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